Sabato 22 febbraio, l'ultimo weekend prima della chiusura delle scuole, delle palestre, dei centri sportivi.
Uno degli ultimi weekend prima del lockdown.
E' strano ripensarci adesso.
Quando pranzare in compagnia, bevendo un paio di bicchieri di lambrusco, sembrava così naturale, così «scontato».
Proprio quel sabato sono tornata nel mio locale preferito fuori città: l'osteria della cooperativa sociale «la Lanterna di Diogene», non solo come commensale armata di appetito; ero infatti armata di carta, penna e voglia di ascoltare ciò che Giovanni Cuocci (chef e fondatore) voleva raccontarmi.
Ad Atene la gente coltivava
l’apparenza dei buoni sentimenti.
Diogene gira con la lanterna in pieno giorno
perché cerca —
non l’essenza astratta dell’uomo,
ma l’uomo autentico reale,
contrario alle apparenze.
È dentro questa ricerca che noi stiamo.
«Non il faro, ma la lanterna, per ricercare e incontrare la diversità».
Queste le prime parole di Giovanni, che ha dato nuova luce al settore della ristorazione, alla comunità, alla società stessa.
La Lanterna è un progetto che Giovanni ha descritto con le mani, comparando la sua realtà ad un albero. Formato da tre rami indivisibili: l'azienda agricola, la Cooperativa Sociale «la Lucciola» e l'osteria.
Facendo un passo indietro: dove ha radici questo albero?
Giovanni Cuocci confessa di non aver studiato in un istituto alberghiero, ha imparato a cucinare da autodidatta nei primi anni 2000.
Poi nel 2003 incrocia il suo percorso con quello di Giovanni Montanari, patron chef de «l'osteria vecchia» (oggi Osteria Belvedere) e promotore avanguardista del biologico.
Questa sua prima esperienza significativa gli insegna l'approccio verso gli ingredienti: dalla selezione della qualità alla preparazione, semplice e mirata ad esaltare il sapore e non a trasformarlo. Infine forse l'aspetto per lui più importante: la salvaguardia del territorio, proprio a partire dalla scelta dei prodotti e dei produttori.
Con questo bagaglio di saperi (e sapori) nel 2006 inaugura la Lanterna di Diogene, nel bel mezzo della campagna di Solara di Bomporto (MO), dopo aver lavorato duramente per rendere quel suolo fertile o, cito testuale, «vivo». Risanando i micro-organismi del terreno, allevando maiali (e non solo) all'aria aperta. Questi ultimi scorrazzano liberi nel bosco, Giovanni racconta con il sorriso di averli visti perfino «saltare» in diverse occasioni. Sono animali in salute, che vengono macellati non prima dell'anno di vita, che vengono nutriti con quello stesso suolo così vivo e fertile.
Il vero arricchimento però è dato dai protagonisti della filiera produttiva: ragazzi portatori di disabilità mentali, fisiche, psicosi e paralisi celebrali infantili, che partecipano attivamente ad ogni fase del lavoro.
Questa è la missione: un'inclusione sociale che li faccia sentire partecipi, che gli restituisca la dignità tramite il lavoro e la collaborazione.
Ognuno ha un ruolo: chi lavora la terra, chi si occupa di galline, maiali, pecore e capre, chi da il suo contributo in cucina e chi serve ai tavoli dell'osteria.
Periodicamente i ruoli vengono scambiati per far si che ogni persona possa comprendere e interiorizzare ogni fase del processo.
Ecco perchè Giovanni, alla domanda: «qual è il piatto rappresentativo della Lanterna?» risponde, senza pensarci troppo: «i tortelli. Perchè dall'uovo deposto dalla nostra gallina al piatto che serviamo in tavola, ognuno di noi fornisce il suo contributo e rende quel piatto unico.» Chi coglie le uova, chi stende la pasta, chi ha allevato le capre per produrre il formaggio utilizzato nel ripieno, chi chiude i tortelli a mano - uno dopo l'altro - chi li cucina e chi li porta in tavola con un sorriso.
Questo profondo legame col territorio è tangibile all'interno del menù.
Giovanni mi racconta che oltre a ciò che viene prodotto direttamente alla Lanterna, sono utilizzate farine 100% emiliane, aceto balsamico modenese e vini a chilometraggio quasi zero (e ne producono una parte).
«Vogliamo raccontare i sapori del territorio. [...] I prodotti come cioccolato, caffè e vaniglia, che utilizziamo per la piccola pasticceria, non sono certamente locali ma li abbiamo selezionati visitando prima le piantagioni; incontrando i produttori e seguendone le origini».
Le origini, le radici dell'albero, sono elementi chiave di questo progetto.
Giovanni parla del «recupero della memoria, del ricordo»: portare alla luce le ricette della tradizione emiliana. Quella delle sfogline, per esempio. «Nonostante la difficoltà nella lavorazione noi prepariamo i tortelli con la farina integrale e non con quella bianca. Dialogando con le sfogline, ci hanno raccontato infatti che in passato non esistevano le farine raffinate e perciò la pasta si preparava con le farine integrali».
Inoltre, come insegna la tradizione contadina, non si butta via niente.
Oltre al «recupero della memoria» ha un grande rilievo il recupero degli scarti.
Al buffet degli antipasti, per esempio, i piatti a base di verdura sono composti soprattutto dagli «scarti». Sfruttare ogni ingrediente al massimo, riducendo gli sprechi e trasformando lo scarto in una pietanza deliziosa.
Per averne un assaggio consiglio la lettura del libro «Butta in tavola» di Caritas Ambrosiana, che contiene tra le altre la ricetta di Giovanni «capra e cavoli», realizzata con le bucce dei gambi del broccolo. Il libro unisce tre finalità: insegna ricette buone e semplici per non buttare via niente, sostiene l’impegno di solidarietà della Caritas, alimenta una cultura contro lo spreco e contro l’esclusione sociale.
Ovvero i principi motore di questa cooperativa sociale.
Ringrazio Giovanni e i suoi collaboratori per aver illuminato, con la Lanterna, la vita di moltissime persone - me compresa.
Non vedo l'ora di ordinare un altro piatto di quei tortelli.
via Argine, 20, 41030 Solara di Bomporto (Modena)
Telefono: 059 801101
Comments