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Episodio 10: un racconto attraverso gigli e rose

Aggiornamento: 15 mar 2021


Scorrendo a ritroso la cronologia delle conversazioni di Instagram, ho sorriso nel ritrovare un breve scambio di messaggi con Roberta, nel lontano ottobre 2018.

Poi niente fino a Maggio dello scorso anno, quando ci siamo riscoperte più vicini e più simili di quanto avremmo mai pensato.


In Roberta ho trovato una panificatrice con cui confrontarmi, una consigliera, e infine un'amica. E' entrata nella mia vita in punta di piedi, lentamente, ed oggi non c'è giorno in cui non ci scambiamo idee, punti di vista e-ovviamente- qualche ricetta.


Quando impasto seguendo le sue indicazioni mi sembra di averla accanto a me, di sentire la sua voce sottile guidarmi: ecco il potere della sua voce, che le ho chiesto in prestito per questo episodio; può sembrare impercettibile, ma ha una sua impronta nascosta che la rende indimenticabile una volta ascoltata.


Prestatele l'orecchio, sono certa che non potrete più farne a meno.


1.Buongiorno Roberta, grazie per aver accettato il mio invito.

La tua creatura si chiama “Gigli & Rose”, una formula di buon auspicio che ripeteva tua nonna quando preparava da mangiare. Cosa significa per te, battezzare così questa tua finestra sul mondo? Qual è stata la prima ricetta che la nonna ti ha tramandato?

Ciao Alice e grazie a te per avermi proposto di ‘raccontare’ qui la mia voce, è un vero piacere. Sono proprio contenta di poter rispondere a questa domanda perché aver chiamato il mio blog, la mia finestra sul mondo (come lo hai definito in modo molto romantico tu) “gigli e rose”, vuol dire tanto per me. Ho voluto donargli, a partire dal nome, un valore intenso e significativo: vorrei infatti regalare ad ogni lettore un po’ di serenità.

Mi piacerebbe che chi cerca una ricetta sul mio blog o chi si sofferma semplicemente a leggere le mie parole, regalandomi il suo tempo, possa gioire insieme a me della semplicità delle piccole cose, e magari farsi illuminare la giornata da esse.

Ecco perché questo nome, per augurare ad ogni persona che passa di lì un po’ di luminosità e di speranza (e mi auguro di riuscirci!).

Purtroppo, quando mia nonna ci ha lasciati, ero una bambina e non ho potuto condividere pienamente, insieme a lei, le mie prime esperienze culinarie. L’ho osservata tantissimo però e ho ben impressi nella mente i ricordi di lei e mia madre che impastano tante leccornie.

La ricetta di nonna, o per meglio dire un metodo, che conservo gelosamente è quella del lievito madre, che ho condiviso sul blog.

Ho avuto la fortuna di custodire le sue agende, quindi ho tante ricette tradizionali cilentane nel mio cuore e nel ricettario di famiglia.


2.In un mondo ideale staremmo tagliando una fetta di pane fumante, da spalmare con marmellata e burro. Fingiamo sia così e, mentre dai il primo morso, ti andrebbe di raccontarmi quando è nata la tua passione per la panificazione e per le lievitazioni naturali?

Beh, sarebbe davvero bello. Immagino anche un caminetto e una teiera antica sul tavolino in marmo (ma questa è un’altra storia ...).

La mia passione nasce proprio con nonna Iolanda: lei custodiva il “criscito”,(nome cilentano del lievito madre) e lo donava alle altre donne del paese per preparare il pane, le pizze ecc.

Come mi racconta papà, nei “tempi antichi” la pasta lievitata poteva crescere solo grazie al calore del fuoco, che veniva alimentato costantemente. I tempi si allungavano notevolmente e mia nonna, da brava fornaia cilentana casalinga, si svegliava di notte, per formare il pane e per controllare l’impasto.

Credo che siano stati proprio l’amore e il profondo rispetto che lei nutriva per la lievitazione naturale e per le cose buone fatte in casa in generale a farmi innamorare perdutamente del lievito madre e della cucina semplice e genuina.

Nonostante fossi molto piccola, rimanevo incantata delle mani infarinate che lavoravano e mi facevo cullare dal rumore dell’impasto sbattuto sulla spianatoia e dal profumo di legna che si spandeva nell’aria quando si accendeva l’immenso forno dei miei nonni. Scrivendoti queste parole il mio cuore trema e qualche lacrima scende: mio nonno è mancato poco più di un mese fa e ripercorrere quei momenti mi trasporta in un tempo lontano, che ormai non c’è più. Curerò questa nostalgia e questa mancanza, mettendo le mani in pasta e ricordando quelle di nonna che affondano nella farina.

3.Durante i mesi di quarantena hai condiviso preziosi consigli e sul lievito madre: come crearlo partendo da zero, come prendersene cura, come impiegarlo nelle ricette di panificazione e di pasticceria.

Hai perfino creato una rubrica dove hai raccolto le “storie di criscito” (di cui ho avuto l'onore di far parte). Se ti chiedessi di rivolgerti a coloro che non hanno ancora intrapreso questa meravigliosa avventura: come li convinceresti a cominciare?

Innanzitutto elencherei in quali casi non cominciare. So che può sembrare strano, ma credo che il lievito madre sia una creatura preziosa che merita molto rispetto.

Creare e custodire la pasta madre significa prendersi cura di una vita che cresce, si trasforma e ci dona tante soddisfazioni, in cambio delle nostre attenzioni.

Ho regalato in più di un'occasione una parte del mio lievito e, qualche volta, mi è capitato di sentirmi dire che era stato buttato, perché non si aveva più voglia di rinfrescarlo. Ne ho sofferto, anche se – ovviamente - ho compreso e comprendo le difficoltà, gli impegni e le circostanze di ognuno.

Mi rendo conto che utilizzare il lievito madre richieda un impegno e delle tempistiche diverse rispetto al lievito di birra; proprio per questo credo che il lievito naturale rappresenti uno stile di vita, capace di trasportare in un mondo magico, del quale è difficile non innamorarsi, se solo lo si lascia fare. Quindi consiglierei, come dico sempre a chi mi chiede consigli, di comprendere prima il meccanismo e le tempistiche del lievito e poi di cominciare consapevolmente a prendersene cura, considerando che il lievito è forte, quindi può resistere - con le dovute accortezze- anche a lunghi periodi senza essere rinfrescato (pensiamo al congelamento, all’essiccazione ecc.).

Organizzandosi bene, non porta via molto tempo ...però del tempo ci vuole.


4.Dimmi tre ingredienti fondamentali della tua cucina (e ti dirò chi sei...)

Bellissima domanda, non ti dico il lievito madre altrimenti è troppo scontato.

Direi: pasta lunga, pepe rosa e broccoli di rapa.


Gli ingredienti che hai scelto mi fanno sorridere, perchè sono spesso utilizzati anche nelle ricette della mia famiglia.

Credo che rappresentino alla perfezione i legami, la nostalgia e l'affetto delle risposte precedenti. Come se i fili di pasta fossero corde a cui aggrapparsi, da stringere per non separarci da chi amiamo. Come se il pepe e i broccoli di rapa fossero quei sapori che racchiudono la parola "casa", e che possiamo perciò ricreare ovunque.

In modo da sentirci a casa, sempre.


5.I tuoi canali social e il tuo blog sono abbelliti di “fiori sparsi”, racconti personali su ciò che succede intorno a te, descritto anche attraverso i colori della natura.

Dove si incontrano fiori e farina?

Quand'è che impastare non basta più, e allora sbocciano i tuoi racconti?

“Gigli e Rose” racchiude anche questo?

Ti confesso che anche questa domanda mi fa venire la pelle d’oca.

Sono felice che tu abbia navigato nella rubrica “Fiori sparsi”, ci tengo davvero tanto.

E' nata in un pomeriggio di primavera, grazie alla straordinaria mente di mia madre.

Lei mi aiuta sempre a trovare nuovi spunti creativi e bellezza da condividere, così le ho chiesto consiglio su come chiamare adeguatamente questo “guazzabuglio nel quale racconto di me, delle mie emozioni”. Ed ecco “fiori sparsi”, un titolo capace di raccontarsi: primule, asfodeli e gerani in cerca d’autore, o magari in cerca di lettori, una rubrica che spero di arricchire sempre di più.

I miei racconti, si può dire, sbocciano insieme all’amore per il lievito e per la cucina.

Fin da quando ero piccola, amo scrivere di tutto, provare ad immaginarmi autrice, giornalista e blogger. “Gigli e rose” racchiude anche e soprattutto questo: la mia smania, perché di questo si tratta, di dover raccontare e ‘buttare fuori’ il buio che purtroppo c’è dentro ognuno di noi, provando a sostituirlo con fiori sparsi e timidi sorrisi.



6.Siamo all'incipit di un nuovo anno: cos'hai imparato dal 2020 che custodirai nei mesi avvenire? Qual è il tuo augurio per questo 2021?

Il 2020 mi ha insegnato ad avere più fiducia in me stessa: era cominciato con un evento molto negativo per me, che col tempo ho trasformato in una lezione positiva, dolorosa ma positiva. È stata una palestra importante, che mi ha catapultata totalmente nel ‘mondo degli adulti’ e mi ha insegnato che il dolore arriva quando meno te l’aspetti e che la vita può cambiare radicalmente da un giorno all’altro.

In quest’anno appena concluso io e il mio ragazzo abbiamo terminato il nostro percorso di laurea e queste sono le soddisfazioni più belle che porto con me e per le quali sono grata.

Mi sarebbe piaciuto abbracciare mio nonno, prima di doverlo lasciare andare.

Anzi, vorrei che fosse ancora qui, ma questo 2020 ha lasciato anche il suo vuoto, dentro me.

Per questo 2021 mi auguro con tutta ma stessa che, ovviamente, la situazione generale possa migliorare. Per quanto riguarda me?

Che io possa far fiorire la ritrovata fiducia in me e costruire i miei sogni, imparando a vivere con un po’ di leggerezza, che non guasta mai.

Grazie Alice per questa bellissima intervista e scusa se mi sono dilungata così tanto, spero di non rovinare la SEO, a causa delle mie frasi lunghissime.

Ti abbraccio ed auguro a tutti coloro che passano di qui un buon anno nuovo e tanta serenità. Grazie per avermi regalato un po’ del vostro tempo, leggendomi.


Grazie a te Roberta cara.





Photo credit: Roberta Niglio

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